26 luglio 2014

Estabio: un nuovo polimero compostabile



L'azienda italiana Fi-Plast ha messo a punto un nuovo polimero certificato come biodegradabile e compostabile.
Con il termine Estabio in realtà si indica una famiglia di materie prime studiate per diverse applicazioni.
L'azienda, specializzata nella produzione di compound dedicati, è infatti riuscita a produrre polimeri che si adattano a varie tecniche di lavorazione.
Vi sono gradi destinati all'estrusione di film per la produzione di bio-shopper, altri per la produzione di foglia per la termoformatura di piatti e bicchieri ed infine quelli per lo stampaggio ad iniezione.
Parlando della produzione delle posate biodegradabili abbiamo visto come quest'ultimo processo sia quello che ci interessa più da vicino.
Il grado dedicato allo stampaggio permette di ottenere prodotti compostabili con spessori piuttosto elevati (superiori a 1,5 mm).
Le caratteristiche fisiche e meccaniche sono più che soddisfacenti (paragonabili a quelle di polistirolo e polipropilene) ma la caratteristica più rilevante di questo polimero è la resistenza al calore.
I principali competitor nel campo delle materie plastiche compostabili hanno infatti nella bassa resistenza al calore il loro tallone d'Achille che gli preclude alcune applicazioni.
Per fare un esempio quando in passato abbiamo parlato delle capsule caffè attualmente in commercio e realizzate in plastica ci siamo concentrati sul loro elevato impatto ambientale.
Estabio rappresenta una risposta valida al problema in quanto è in grado di resistere alle temperature elevate che si raggiungono durante la preparazione del caffè. Essendo inoltre un materiale sostanzialmente inodore non incide sull'aroma della bevanda e dopo l'utilizzo può essere smaltito con la frazione umida.
Appare evidente come tali caratteristiche siano adatte anche alla produzione di posate e stoviglie biodegradabili. Ci risulta anzi che alcune aziende abbiano già cominciato a produrre con questo nuovo materiale.

Come al solito non possiamo che essere contenti per la nascita di una nuova materia prima ecologica e ci inorgoglisce il fatto che ancora una volta essa sia il prodotto della ricerca di aziende italiane.  

7 luglio 2014

Nel futuro delle nostre macchine ci saranno i pomodori?


Cosa hanno in comune la Ford e la Heinz?
L'azienda produttrice di salse e la casa automobilistica sono impegnate in un nuovo progetto per ridurre l'impatto ambientale delle autovetture.
Partendo dall'esigenza di smaltire i sottoprodotti dei processi industriali quali bucce, semi e gambi di pomodoro si sta cercando di mettere a punto una nuova bioplastica.
L'idea è quella di ottenere una resina avente proprietà adeguate alla produzione di staffe reggicavo o vani portaoggetti.
Siamo ancora all'inizio del processo ma se consideriamo che solo la Heinz lavora 2 milioni di tonnellate di pomodori all'anno è facile capire l'importanza dell'iniziativa e l'impatto che potrebbe avere sul consumo di risorse e sull'inquinamento.
Come al solito non possiamo che rallegrarci per tali iniziative e sperare che siano sempre più numerose.

8 giugno 2014

Riciclare fa bene!


Entro il 2014 la Direttiva europea imballaggi dovrà essere ridiscussa, nell'occasione verranno stabiliti gli obiettivi da raggiungere nei prossimi anni.
Per la plastica l'obiettivo di riciclare meccanicamente il 22,5% in peso sull'immesso al consumo entro il 2008 è stato raggiunto praticamente in tutti i paesi dell'unione.
Ricordiamo che con recupero meccanico si intende il processo attraverso il quale i rifiuti plastici vengono trasformati in materie prime riutilizzabili, non si considera quindi la parte di rifiuti conferiti all'inceneritore e attraverso i quali si può ottenere energia.

Nella definizione dei nuovi obiettivi si scontrano due visioni che si possono riassumere nella seguente domanda: "aumentare l'obiettivo della sostenibilità ambientale rappresenta un'opportunità di crescita o un freno allo sviluppo?".

Sono stati commissionati degli studi ad hoc che hanno simulato diversi scenari possibili.
Senza entrare troppo nel dettaglio la conclusione alla quale si è giunti è che aumentare la percentuale di rifiuti plastici recuperati porta a diversi vantaggi dal punto di vista economico, da quello occupazionale e naturalmente dal punto di vista ambientale.
Va detto che noi europei siamo tra i più grandi importatori di materie plastiche, smaltire i rifiuti di questo genere in discarica o negli inceneritori e non riutilizzarli in alcuni campi nei quali è possibile farlo (chiaramente non per prodotti destinati al contatto con gli alimenti) risulta abbastanza incomprensibile.

Per raggiungere obiettivi ambiziosi è necessario intervenire direttamente nella fase di progettazione degli imballaggi (percentualmente rappresentano la fetta più larga dei rifiuti in plastica) e nelle operazioni di raccolta e cernita in modo da ottenere una qualità più alta delle frazioni che giungono ai siti di riciclo.
Per poter riutilizzare le materie plastiche recuperate è necessario riuscire a dividerle in base al tipo di resina, per questo è bene fornire indicazioni sulle varie etichette oltre ad educare i cittadini ad una raccolta differenziata corretta e responsabile.

Un accenno infine alla situazione italiana. Anche a seguito dell'accordo Anci-Conai nel 2013 è aumentato il volume degli imballaggi recuperati. La qualità media della raccolta differenziata è però purtroppo peggiorata e quindi in percentuale è aumentata la porzione inviata al recupero energetico a dispetto di quella inviata al recupero meccanico.

11 maggio 2014

Per gli shopper la normativa italiana diventa europea


La Commissione Ambiente, Sanità Pubblica e Sicurezza Alimentare del Parlamento europeo ha approvato una direttiva che si propone di ridurre il consumo dei sacchetti monouso.
Le misure adottate in Italia e già trattate da noi in precedenti post sono state ammesse nella nuova direttiva continentale.


Va detto che viene data la possibilità ai vari stati membri di seguire strade diverse per raggiungere il comune obiettivo di una riduzione del 50% in 3 anni rispetto al 2010 e dell'80% in 5.
Si tiene conto poi della differenza tra le plastiche tradizionali e le bioplastiche prevedendo nel giro di 5 anni l'utilizzo esclusivo di sacchetti compostabili per la frutta e la verdura.
Plastic Consult ha effettuato un primo bilancio della norma introdotta in Italia: in circa 3 anni si è ridotto il volume degli shopper in circolazione del 50%.

Riportiamo per onor di cronaca anche la posizione dell'associazione dei trasformatori di materie plastiche (EuPC).
Pur apprezzando gli obiettivi delle norme si sottolinea come le bioplastiche non sempre siano meno dannose per l'ambiente rispetto a quelle tradizionali.
In ambiente marino gli shopper bio non si degradano e in altri ambienti la degradazione è molto lunga. In alcuni casi poi i sacchetti biodegradabili sono realizzati almeno al 50% con plastiche a base petrolchimica.
Viene sottolineato infine come tali misure penalizzino la pratica virtuosa del riciclo molto spinta per esempio in paesi come l'Austria e la Germania.
Secondo l'EuPC si rischia di spingere una tipologia di materiali in assenza di giustificazioni ambientali, scientifiche o economiche credibili.

Non vogliamo dare giudizi lasciandolo fare a persone più esperte.
Quello che conta secondo noi è che finalmente sembra esserci la volontà di affrontare un problema come quello dell'inquinamento (soprattutto marino) legato agli shopper.  

22 marzo 2014

Iglo: un progetto per la trasformazione dei rifiuti organici domestici


Iglo: una risposta per la gestione della frazione umida dei rifiuti 


Nicola Ferrari, uno studente della facoltà di Architettura di Ferrara, ha studiato un innovativo sistema per il trattamento dei rifiuti organici domestici.
Il progetto si è aggiudicato il Dyson Design Award Italia e affronta una delle sfide fondamentali per il futuro del nostro pianeta.
Nell'Unione Europea si producono ogni anno 53 milioni di tonnellate di rifiuti organici biodegradabili, rappresentanti una percentuale compresa tra il 30 e il 45% dei rifiuti solidi urbani.
Abbiamo già osservato come il trattare questa porzione di rifiuti in discarica o negli inceneritori costituisca uno spreco energetico oltre a portare a problemi di inquinamento.

Il progetto si basa sull'essicamento dei rifiuti: la porzione organica prodotta viene inserita in un contenitore e scaldata fino a portarne ad evaporazione la componente umida.
Il vapore viene poi fatto condensare in un contenitore dedicato e il liquido ottenuto può essere smaltito nella rete fognaria o utilizzato come fertilizzante.
La porzione solida essicata può essere utilizzata direttamente come concime.
Si è pensato ad un Iglo per la singola famiglia e a modelli più grandi adatti a condomini o a piccole comunità.
Nel secondo caso assume maggior importanza il "cervello" del sistema che è in grado di informare l'utente per esempio sulla frequenza di svuotamento dei serbatoi.
Fedele allo spirito ambientalista tale sistema è alimentato da pannelli solari.

I vantaggi ottenuti da un sistema di questo tipo sono molteplici e, oltre ad essere di tipo ambientale, sono per esempio di tipo sociale.

Da parte nostra siamo felici che progettisti, meglio ancora se giovani, si interessino al problema dello smaltimento dei rifiuti e che cominci finalmente a cambiare la concezione per cui essi rappresentino a prescindere un problema quando in realtà in altri paesi già da diversi anni sono una risorsa importante e fonte di sviluppo tecnologico ed economico.



Per maggiori informazioni vedi articolo de "Il Progettista industriale"

25 gennaio 2014

Presto un PLA Made in Italy?


Il PLA (acido polilattico) è tra i più importanti e diffusi materiali biodegradabili e compostabili.
Ottenuto partendo dalla fermentazione dell'amido di mais, è utilizzato soprattutto nel settore degli imballaggi (per esempio sacchetti per il pane o imballaggi rigidi).

Al momento oltre al prezzo (doppio rispetto alle materie plastiche tradizionali) alcune sue caratteristiche fisiche ne limitano un'ulteriore diffusione:
-rigidità: non permette la produzione di film morbidi;
-fragilità: comporta criticità in alcune lavorazioni come la termoformatura (processo con il quale si producono la maggior parte dei piatti, contenitori e bicchieri presenti sul mercato);
-bassa resistenza alla temperatura: si deforma facilmente sopra i 60°C non è adatto perciò all'utilizzo con cibi o bevande calde e non può essere utilizzato nei microonde.

Risulta chiaro come studiosi di tutto il mondo cerchino la via per migliorare le caratteristiche di questa materia prima che conserva delle enormi potenzialità di sviluppo.
In prima linea vi è anche un gruppo di studiosi italiani dell'Università degli studi di Milano che è riuscita a sviluppare un metodo per produrre un PLA con caratteristiche nettamente superiori rispetto a quello tradizionale.
Il gruppo, guidato dal professor Di Silvestro, è riuscito anche a produrre un materiale particolarmente adatto allo stampaggio ad iniezione, lavorazione che non si adatta particolarmente all'acido polilattico attualmente in commercio.
I risultati ottenuti dal gruppo sono molto incoraggianti, speriamo che riescano a trovare presto un partner industriale che riesca ad implementare su grande scala il processo messo a punto.

Ricordiamo ancora una volta che la sfida principale dei prossimi decenni per i materiali biodegradabili e compostabili resta a nostro avviso legata alla riduzione del prezzo.