29 maggio 2011

Mondo bio: nuovi materiali crescono

Ci è stato segnalato un interessante articolo comparso recentemente sul sito della rivista Wired che si occupa di un nuovo materiale biodegradabile.
Il nuovo polimero cui è stato dato il nome di Minerv è un Pha, un polimero prodotto a partire da vari batteri che vengono opportunamente alimentati con zuccheri e ossigeno.
L'azienda titolare del marchio, la Bio-on, è un'azienda italiana avente sede in Emilia Romagna che nel giro di 4 anni ha registrato i vari prodotti e che dovrebbe cominciarne la produzione a livello industriale nel 2012.
Venendo al polimero e alle sue caratteristiche, ci limitiamo qui a dire che si tratta di una materia prima biodegradabile e compostabile ottenuta da prodotti vegetali che potrà sostituire le principali materie plastiche attualmente utilizzate con l'enorme vantaggio che immersa in acqua è in grado di sciogliersi nel giro di due mesi.
Certo il materiale non è ancora entrato in produzione e bisognerà verificarne la lavorabilità e la duttilità necessarie affinché possa rappresentare una valida alternativa nella produzione di imballaggi e articoli monouso come le posate biodegradabili.
Nell'articolo segnalato è presente anche un video molto "suggestivo" con le varie fasi della degradazione di un oggetto posto in acqua.
Auguriamoci che in futuro possa continuare la ricerca su nuove tecnologie e materie prime di questo tipo. Se tali scoperte saranno poi anche italiane, come in questo caso, sarà senz'altro un ulteriore motivo di soddisfazione!

14 maggio 2011

Posate biodegradabili, stiamo attenti a quello che compriamo!!

Come già accennato in precedenza, esiste ormai un'offerta piuttosto variegata di posate e stoviglie biodegradabili.
Chi si accinge ad acquistare bio deve fare attenzione a ciò che compra!
Vi sono sul mercato prodotti che provengono dall'estero (Cina ma non solo..) che hanno prezzi molto concorrenziali almeno per i rivenditori o grossisti.
Noi consumatori però spesso non abbiamo la possibilità di verificarne la bontà a livello generale oltre che avere la certezza della loro effettiva biodegradabilità.
Le norme europee sono quelle che dovrebbero essere rispettate dai prodotti introdotti nel mercato europeo ma, come succede purtroppo in tanti settori manifatturieri, non sempre è così.
Un'ulteriore problema nasce dall'utilizzo di materie prime sulla cui biodegradabilità il giudizio non è unanime. Senza entrare troppo nel dettaglio, basti pensare che sono disponibili particolari additivi che rendono degradabili le normali materie plastiche. I prodotti ottenuti in questo modo hanno costi molto inferiori, ma la loro biodegradabilità non rispetta del tutto le norme attuali o almeno lo spirito con il quale sono state introdotte.
In alcuni casi, l'effetto che si ottiene è perfino quello che i manufatti si degradano ma durante la decomposizione vengono liberati nell'ambiente elementi altamente inquinanti!!
Questo fenomeno oltre ad essere dannoso in assoluto produce nell'opinione pubblica un senso di sfiducia che va a colpire anche quegli imprenditori onesti che agiscono secondo le norme vigenti.
Come già detto quindi i cosumatori devono una volta di più non fermarsi all'apparenza ma verificare la qualità e le caratteristiche dei prodotti acquistati per evitare di premiare i soliti "furbetti" e incidere realmente su quella che può essere la rivoluzione bio; lo stato da parte sua deve affrettarsi a stabilire regole certe che permettano di essere sicuri circa la bontà dei prodotti presenti sul mercato.



Terreno inquinato da sostanze tossiche

7 maggio 2011

Non solo posate biodegradabili: Chicza la gomma da masticare biodegradabilie

Ci piacerebbe in questo blog occuparci non solo di posate o stoviglie biodegradabili ma di tutto ciò che può aiutarci a preservare il nostro pianeta. In questo caso vogliamo parlare del primo chewingum completamente biodegradabile. Si chiama Chicza e la trasmissione Caterpillar di Radiodue se ne è occupata di recente, ma si possono facilmente trovare notizie anche sulla rete.
La Chicza ha origine vegetale e viene ottenuta partendo dal chiche, un lattice estratto da piante che crescono nella foresta fluviale dello Yucatan in Messico.
Attraverso un processo naturale si riescono ad ottenere delle gomme che hanno caratteristiche simili a quelle tradizionali, con la differenza che sono completamente biodegradabili e che decomponendosi lasciano resti paragonabili a quelli del legno o foglie.
Questo aspetto è molto importante perchè noi forse non ci rendiamo conto di quante tonnellate di gomme da masticare si consumano solo in Italia in un anno e che purtroppo buona parte di queste viene semplicemente gettato lungo la strada o nell'ambiente.
Se qualcuno fosse interessato per ora si possono acquistare solo in alcuni negozi di Roma o nella Farmacia Comunale di Capannori, paese della provincia di Lucca già noto per le sue politiche all'avanguardia nella riduzione dei rifiuti e nella salvaguardia ambientale.
La speranza è che presto la Chicza si possa trovare anche nel resto d'Italia e che si abbia la possibilità di scegliere tra queste e quelle classiche ottenute partendo da polimeri provenienti dalla benzina.

Cogliamo l'occasione per rinnovare l'invito a tutti i nostri lettori/visitatori di segnalarci prodotti o iniziative che hanno come fine quello di preservare il nostro pianeta.


1 maggio 2011

Come si producono le posate biodegradabili

Può essere interessante sapere come vengono prodotti cucchiai, forchette e coltelli biodegradabili; abbiamo avuto la possibilità di farci spiegare brevemente le fasi con cui si ottengono queste stoviglie e ne riportiamo un breve riassunto.

Il processo di produzione delle posate biodegradabili in bioplastiche (Mater-Bi, PLA..) è simile a quello delle posate monouso tradizionali in plastica (PS o PP).
Le materie prime vengono definite termoplastiche in quanto se portate a temperature adeguate assumono una plasticità tale da poter essere facilmente lavorate.
Il processo utilizzato è quello dello stampaggio ad iniezione ed avviene con le stesse presse utilizzate nello stampaggio delle materie plastiche tradizionali (Fig.3).
Per la realizzazione dei manufatti è necessario predisporre uno stampo che viene montato sulla pressa e deve essere collegato ad un impianto di raffreddamento per permettere la "solidificazione" dei pezzi in un tempo ragionevolmente breve.
Nella Fig.2 viene rappresentato lo schema di funzionamento dell'unità di iniezione di una pressa; la materia prima, sottoforma di piccoli pellet (Fig.1), viene caricata in una tramoggia che alimenta il cilindro di plastificazione opportunamente riscaldato, le temperature di lavorazione per le bioplastiche sono inferiori rispetto a quelle delle altre materie plastiche.
Una volta raggiunta la plasticità ideale il materiale viene iniettato in pressione nello stampo, trascorso il tempo necessario al raffreddamento dei pezzi, lo stampo si apre e vengono estratti i prodotti. Le posate così ottenute vengono poi imbustate nei diversi tipi di confezione: sfuse o singole.
Queste in estrema sintesi le fasi del processo, chiaramente esistono diverse tipologie di presse e di stampo (a seconda del numero di impronte, della presenza o meno della matarozza, del tipo di raffreddamento...) ma sono aspetti che esulano dal nostro interesse.

Come detto le temperature di lavorazione delle bioplastiche, proprio per la loro particolare composizione e origine, sono inferiori rispetto a quelle del polipropilene e ancor di più del polistirolo. Questo fatto comporta anche caratteristiche fisiche diverse delle posate: le posate in polistirolo hanno temperature di "rammollimento" più alte rispetto a quelle di polipropilene o in Mater-bi e quindi sono più adatte ai cibi caldi in quanto mantengono più a lungo la loro resistenza.
Non si devono dimenticare però i vantaggi derivanti dall'utilizzo di stoviglie biodegradabili già ampiamente descritti precedentemente.

Fig.1 - Tipico aspetto dei pellet di materia prima


Fig.2


Fig. 3 - Esempio di pressa per lo stampaggio di materie plastiche