In precedenza, parlando della produzione delle posate biodegradabili, abbiamo descritto le principali fasi del processo. Per brevità non ci dilungheremo nel ricordarle rimandando i lettori al suddetto post.
Vogliamo occuparci ora delle presse ad iniezione, le macchine utilizzate nello stampaggio, analizzando i progressi tecnologici che le hanno interessate negli ultimi decenni.
Una pressa è una macchina piuttosto complessa che deve realizzare numerose operazioni. Oltre al riscaldamento della materia prima contenuta nel cilindro di plastificazione deve essere in grado di attuare diversi movimenti tra i quali i principali sono: apertura/chiusura stampo, estrazione (per estrarre i pezzi solidificati dallo stampo), azionamento del gruppo iniezione (carica del materiale ed iniezione dello stesso nello stampo). Tutti i movimenti devono poi essere "controllati" regolandone velocità, corse e pressioni.
Pressa idraulica d'epoca |
L'aspetto negativo di questo schema è che la pompa idraulica manda in pressione una quantità d'olio sostanzialmente fissa, indipendentemente cioè dalle richieste della pressa. Si ha per questo un doppio spreco di energia: uno legato al lavoro della pompa e un altro legato all'impianto di raffreddamento. L'olio mandato in pressione infatti si riscalda e per mantenerlo ad una temperatura d'esecizio ideale deve essere raffreddato attraverso uno scambiatore di calore.
Nel corso degli anni i costruttori di presse hanno agito sostanzialmente su due fronti: miglioramento del controllo dei movimenti e aumento dell'efficienza energetica.
Per quanto riguarda il primo aspetto si è passati da regolazioni manuali tramite manettini e fine corsa all'utilizzo di PLC (controllo numerico) con video touch-screen e controllo remoto che permettono di regolare e tenere sotto controllo un'infinità di parametri.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, che ci interessa di più, si sono viste diverse fasi.
Sono stati introdotti inizialmente degli accumulatori (recipienti in pressione) che permettono di soddisfare i picchi di energia richiesta "immagazzinandola" quando ne serve meno. La filosofia è quella di far lavorare la pompa idraulica invece che sul valore di picco su quello medio.
Un passo successivo è stato quello di introdurre delle pompe a portata variabile. L'obiettivo in questo caso è cercare di adattare il lavoro della pompa alle reali richieste della pressa, trattando cioè solo l'olio necessario in quel momento.
L'ultimo step è stato quello di abbinare ai motori elettrici degli inverter. In questo modo si agisce sul motore elettrico, modificandone il numero di giri. Questo sistema è particolarmente efficace con tempi di ciclo alti in cui il raffreddamento dei pezzi è molto lungo e la pressa rimane per diversi secondi ferma. L'inverter provoca il sostanziale arresto del motore, azzerrandone i consumi.
Moderna pressa elettrica |
I movimenti in questo caso vengono realizzati da diversi motori elettrici dedicati. I consumi sono molto inferiori.
Esistono poi varie soluzioni "intermedie" in cui si abbinano con diverse proporzioni i due schemi.
Come si vede il progresso tecnico ha aumentato l'efficienza delle presse e ciò permette ai trasformatori di ridurre il consumo energetico. Questo aspetto è importante sia dal punto di vista economico che dal punto di vista ambientale in quanto consente di ridurre il contenuto energetico dei manufatti e di conseguenza l'inquinamento derivante.
La situazione economica purtroppo non invoglia gli imprenditori ad affrontare nuovi e rilevanti investimenti (centinaia di migliaia di euro). Servirebbero aiuti o sgravi per favorire un aggiornamento tecnologico delle nostre aziende manufatturiere che permetterebbe loro di essere competitive nel mercato globale e che avrebbe effetti positivi anche dal punto di vista ambientale e del fabbisogno energetico nazionale.
Sappiamo di essere stati un po' troppo "tecnici e lunghi" ma speriamo di aver soddisfatto la curiosità dei lettori interessati ai processi produttivi delle stoviglie biodegradabili e di non aver annoiato troppo gli altri.
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