24 marzo 2012

Cialde e capsule caffè, breve analisi sul loro "costo ambientale"


Nel nostro blog abbiamo già trattato argomenti e prodotti che, pur non riguardando espressamente le posate e le stoviglie bio, ci parevano degni di nota.
Questa volta vogliamo analizzare in breve il diffondersi delle cialde e delle capsule per caffè.
Da alcuni anni, forse anche per motivi legati a particolari promozioni e pubblicità, sono sempre più diffuse tra le famiglie italiane le macchinette da caffè automatiche.
Esse rappresentano senza dubbio un grande passo avanti per quanto riguarda la comodità e la velocità soprattutto se paragonate alle storiche moke.
Senza entrare troppo nel dettaglio vorremmo sottoporre ai nostri lettori una semplice considerazione: le cialde o le capsule rappresentano il tipico esempio di oggetto difficilmente smaltibile in maniera corretta e intelligente.
Ci spieghiamo meglio, in entrambi i casi si tratta di manufatti che contengono una porzione umida (il caffè vero e proprio) e una parte realizzata in materiale diverso (il "contenitore" cioè la capsula o la cialda).
Dopo l'utilizzo esse non possono che finire nella frazione indifferenziata della raccolta dei rifiuti e quindi nell'inceneritore o peggio ancora in discarica.
Provando ad immaginare il numero di caffè consumati giornalmente in Italia possiamo anche immaginare la montagna enorme di rifiuti da smaltire quotidianamente in modo del tutto inefficiente.

Le care e "vecchie" caffettiere sono forse più scomode ma permettono di smaltire in maniera molto semplice il caffè utilizzato con la frazione umida.
Come detto, non vogliamo proporre una discussione legata alla bontà della bevanda, al costo delle cialde o al valore "tecnologico" delle nuove macchine. Ci limitiamo a suggerire a chi sta valutandone l'acquisto, di considerare anche il costo ecologico che tale scelta può avere.
Per fortuna ultimamente i maggiori produttori stanno considerando l'aspetto ambientale introducendo cialde biodegradabili; ci sembra una decisione saggia e speriamo che gli amanti del genere sappiano premiarla...

4 marzo 2012

A Porto Torres il Polo di chimica verde italiana

Novamont e Polimeri Europa (Eni) hanno unito le loro forze per dare vita all'azienda Matrìca ("Madre" in dialetto gallurese). A Porto Torres, in quello che era un impianto per la produzione di monomeri e polimeri tradizionali (di origine petrolchimica) si avvierà la produzione di bioplastiche.
Il progetto è molto ambizioso e comprende anche un centro di ricerca e una centrale elettrica a biomasse.

Come noto, Novamont è leader mondiale nella produzione di bioplastiche (suo il famoso "Mater-bi" utilizzato in diversi settori in quanto materiale biodegradabile e compostabile); Polimeri Europa del gruppo Eni è la prima azienda chimica italiana.
Nel nuovo soggetto che è nato in Sardegna l'azienda novarese metterà a disposizione il suo know-how di ricerca e innovazione mentre Polimeri Europa fornirà la sua capacità di gestire impianti di grandi dimensioni.

Ci piace sottolineare come il progetto preveda una forte integrazione anche con il territorio e in particolare con la tradizione agricola della zona proponendosi di influenzare lo sviluppo di colture che si integrino con la produzione delle bioplastiche.
Prevista inoltre una collaborazione tra il centro di ricerca e le Università dell'isola.
Dal punto di vista occupazionale a regime si dovrebbe avere un incremento di circa 100 unità impiegate nel polo rispetto alla situazione attuale.

Questa iniziativa è particolarmente significativa in quanto, oltre a rappresentare un investimento importante per lo sviluppo dei materiali bio, è intrapresa da aziende italiane che hanno deciso di puntare sulla ricerca e sviluppo in un momento di crisi economica e, soprattutto, di farlo nel nostro paese.

Per maggiori informazioni sul progetto vi rimandiamo al comunicato Novamont.